Ignazio Bardea, Lo spione chinese, Edizione per la XVIII edizione delle Giornate Bormiesi di Cardiologia, Bormio 2010, 305 pp. + LV, cucito a filo
Nell’ambito del consueto congresso bormino di cardiologia, giunto alla XVIII edizione, i mentori dell’iniziativa, dott. Livio Dei Cas e prof. Leo Schena, da tempo propongono interessanti riscoperte di personaggi e testi riguardanti Bormio e l’Alta Valtellina. L’anno scorso era toccato a Del furto e sua pena, opera del giureconsulto Alberto De Simoni. Nel 2010 è toccato al Bardea di essere sottratto alla polvere col suo Spione chinese. Non una vera novità, ma una riedizione del volume pubblicato poco tempo prima dal Centro Studi Storici Alta Valtellina, in una veste però decisamente rinnovata e arricchita di note e con la traduzione dei brani e delle numerose citazioni in latino, curate con acribia da Cristina Pedrana.
Seguendo un filone del Settecento francese giocato sulla finzione letteraria che mette a confronto un ideale mondo orientale, ingenuo e pieno di fascino, con quello occidentale, dilaniato dai vizi e dalla corruzione, il Bardea si rifà all’Espion chinois di Ange Goudar (1765) e vi aggiunge sei supplementi immaginando un mandarino cinese, in viaggio nella Rezia al di qua delle Alpi, che intrattiene una fitta ed eterogenea corrispondenza con un connazionale di stanza a Milano e un terzo a Parigi. I nomi sono gli stessi dell’epistolario francese. Lo Spione risale la Valtellina e in breve giunge a Bormio per stabilirsi ai Bagni, che esalta e nello stesso tempo critica per le strutture e i servizi obsoleti.
Pagine di curiosità geografiche e statistiche si alternano a commenti, talvolta spietati, alla realtà politica e sociale in particolare del Contado bormino e del governo Grigione in una fase di cruciale decadenza. È di notevole interesse il capitolo denominato Il sogno, una delle ultime parti dello Spione, un brano bellissimo dove il canonico-teologo sferza nuovamente i conterranei per incapacità e indolenza e allo stesso tempo guarda lontano con una visione quasi profetica, auspicando, tra l’altro, imprenditorialità nel campo dell’apicoltura e della produzione di birra: oggi Bormio è rinomata per il suo miele e la birra bormina è da pochi anni una realtà consolidata e apprezzata. Più complessa la parte V del volume, Proteo trasformato in cane, dove il Bardea si cimenta in arzigogoli religiosi e confessionali, letterali, artistici, ma anche politici facendo costante riferimento alla figura e al governo Giuseppe II d’Asburgo.
Dello Spione chinese si potrebbe, anzi, si dovrebbe scrivere di più. È riduttivo definire presentazioni o introduzioni quelle curate da Leo Schena con Livio Dei Cas, Remo Bracchi, Saverio Xeres e Cristina Pedrana, infaticabile curatrice della preziosa edizione. Sono veri e propri saggi che ben guidano il lettore in questa polifonia giocata sul coinvolgimento di più voci, come scrive Leo Schena, dove a fare da sfondo, sia in modo indiretto, oltre ai governanti grigioni, ai religiosi, al clero secolare della Valle, è massicciamente presente la coralità dei bormini attraverso il rimpianto delle antiche virtù che fecero grande la Magnifica Terra.
In appendice al volume viene riproposta una scheda biografica curata da Ireneo Simonetti e Ennio Bianchi (1973) e infine un’aggiornata e preziosa bibliografia realizzata da Pier Carlo Della Ferrera che mette finalmente ordine alla sterminata produzione, per la maggior parte ancora inedita, del più insigne storico bormino, corredata anche da un elenco delle opere andate perdute.